A partire da venerdì 21 febbraio, con la scoperta del primo caso “italiano” di contagio, l’epidemia del coronavirus ha monopolizzato, com’era naturale attendersi, anche l’informazione di prime time. Di fronte a quella che può essere ritenuta la più grave emergenza per il sistema-paese dal dopoguerra, le 7 testate generaliste hanno svolto una funzione più che apprezzabile, informando in modo accurato sullo sviluppo dei contagi e documentando le forti problematicità sanitarie ed economiche.
Si è complessivamente manifestata una rara moderazione di toni, che ha “retto” (con poche eccezioni) anche in relazione ai primi cortocircuiti e scontri tra governo e regioni. Ad esempio, non sono stati amplificati i duri toni delle opposizioni del 26 marzo, successivamente rientrati. “Mantenere la calma”, questa la parola d’ordine del prime time, che è riuscito efficacemente a contenere l’emergere di una dimensione di “psicosi”, al contrario di quanto è avvenuto nella comunicazione dei social network.
Ciò è stato possibile grazie ad un lavoro pregresso da parte del prime time. Nelle settimane precedenti al 21 febbraio le cronache e le testimonianze da Wuhan, diffuse da tutte le testate, i primi casi “italiani” di cittadini stranieri colpiti dal morbo, e l’attenzione ai nostri connazionali in quarantena all’estero, hanno permesso al pubblico televisivo di conoscere le problematiche legate all’epidemia e, in qualche misura, di “acclimatarsi” con la probabile emersione di questo pericolo nel Paese.
Al suo improvviso manifestarsi in Lombardia, il coronavirus è stato quindi vissuto come una evenienza attesa, il che ha predisposto all’accettazione dei seri provvedimenti che via via sono stati assunti dalle autorità pubbliche. Grande spazio è stato dato all’attività dei medici e degli assistenti sanitari, riconosciuta come decisivo ed efficace presidio della salute pubblica. Nel complesso, la gravità della situazione che si è andata manifestando ha prodotto atteggiamenti fortemente responsabili da parte di tutte le testate televisive.
L’attenzione estrema al coronavirus ha, inoltre, sostanzialmente “esiliato” la politica dal prime time. Il tradizionale “piatto di portata” dell’informazione serale è pressoché scomparso dalla tavola degli italiani, ed è probabile che in pochi se ne siano dispiaciuti.
La lotta contro il coronavirus ha avuto facile ragione delle stanche liturgie della politica. Lo scontro tra Renzi ed il Ministro Bonafede sulla prescrizione? Aveva dominato fino ad inizio febbraio, per poi scomparire. Sembrano passati secoli, e nessuno lo rimpiange. L’epidemia ha imposto serietà e concretezza nelle scelte, sia private che pubbliche.
Quando il Covid-19 sarà un ricordo, è auspicabile che anche l’informazione “ricordi” che la funzione può essere meno ancillare rispetto alla politica. Si può fare.
Argomenti delle aperture del prime time: i dati
L’Epidemia di Covid-19 monopolizza le edizioni del prime time, raggiungendo nel corso di febbraio 144 aperture su 217 (il 67% del totale delle edizioni). Il picco di queste coperture lo si riscontra, ovviamente, tra il 21 ed il 28 febbraio, con oltre 160 titolazioni e diverse edizioni monotematiche proposte da Tg5, Tg7 e, nel corso di una lunga settimana, Tg4. Anche prima che il contagio arrivasse in Italia, le coperture sulla diffusione dell’epidemia in Cina e verso le misure preventive avviate in Italia costituivano la seconda presenza nei Tg di prime time, superate dai contrasti interni alla maggioranza sulla prescrizione. Molto presente nelle aperture delle testate Mediaset il fallimento della compagnia Air Italy.
Si è complessivamente manifestata una rara moderazione di toni, che ha “retto” (con poche eccezioni) anche in relazione ai primi cortocircuiti e scontri tra governo e regioni. Ad esempio, non sono stati amplificati i duri toni delle opposizioni del 26 marzo, successivamente rientrati. “Mantenere la calma”, questa la parola d’ordine del prime time, che è riuscito efficacemente a contenere l’emergere di una dimensione di “psicosi”, al contrario di quanto è avvenuto nella comunicazione dei social network.
Ciò è stato possibile grazie ad un lavoro pregresso da parte del prime time. Nelle settimane precedenti al 21 febbraio le cronache e le testimonianze da Wuhan, diffuse da tutte le testate, i primi casi “italiani” di cittadini stranieri colpiti dal morbo, e l’attenzione ai nostri connazionali in quarantena all’estero, hanno permesso al pubblico televisivo di conoscere le problematiche legate all’epidemia e, in qualche misura, di “acclimatarsi” con la probabile emersione di questo pericolo nel Paese.
Al suo improvviso manifestarsi in Lombardia, il coronavirus è stato quindi vissuto come una evenienza attesa, il che ha predisposto all’accettazione dei seri provvedimenti che via via sono stati assunti dalle autorità pubbliche. Grande spazio è stato dato all’attività dei medici e degli assistenti sanitari, riconosciuta come decisivo ed efficace presidio della salute pubblica. Nel complesso, la gravità della situazione che si è andata manifestando ha prodotto atteggiamenti fortemente responsabili da parte di tutte le testate televisive.
L’attenzione estrema al coronavirus ha, inoltre, sostanzialmente “esiliato” la politica dal prime time. Il tradizionale “piatto di portata” dell’informazione serale è pressoché scomparso dalla tavola degli italiani, ed è probabile che in pochi se ne siano dispiaciuti.
La lotta contro il coronavirus ha avuto facile ragione delle stanche liturgie della politica. Lo scontro tra Renzi ed il Ministro Bonafede sulla prescrizione? Aveva dominato fino ad inizio febbraio, per poi scomparire. Sembrano passati secoli, e nessuno lo rimpiange. L’epidemia ha imposto serietà e concretezza nelle scelte, sia private che pubbliche.
Quando il Covid-19 sarà un ricordo, è auspicabile che anche l’informazione “ricordi” che la funzione può essere meno ancillare rispetto alla politica. Si può fare.
Argomenti delle aperture del prime time: i dati
L’Epidemia di Covid-19 monopolizza le edizioni del prime time, raggiungendo nel corso di febbraio 144 aperture su 217 (il 67% del totale delle edizioni). Il picco di queste coperture lo si riscontra, ovviamente, tra il 21 ed il 28 febbraio, con oltre 160 titolazioni e diverse edizioni monotematiche proposte da Tg5, Tg7 e, nel corso di una lunga settimana, Tg4. Anche prima che il contagio arrivasse in Italia, le coperture sulla diffusione dell’epidemia in Cina e verso le misure preventive avviate in Italia costituivano la seconda presenza nei Tg di prime time, superate dai contrasti interni alla maggioranza sulla prescrizione. Molto presente nelle aperture delle testate Mediaset il fallimento della compagnia Air Italy.
Argomenti delle aperture del prime time: il commento
L’analisi lessicometrica dell’insieme delle titolazioni evidenzia la presenza di tre percorsi narrativi della notizia. I primi due sono naturalmente legati al tema dominante, l’emergenza coronavirus; la ricorrenza e l’uso contestuale dei termini chiave rivela come centrali:
L’analisi lessicometrica dell’insieme delle titolazioni evidenzia la presenza di tre percorsi narrativi della notizia. I primi due sono naturalmente legati al tema dominante, l’emergenza coronavirus; la ricorrenza e l’uso contestuale dei termini chiave rivela come centrali:
- l'ancoraggio territoriale, che in questo caso si traduce in una impellenza di stendere un cordone sanitario intorno alle Regioni maggiormente colpite dal contagio, Lombardia e Veneto;
- la dimensione dello human interest, legata alla vicenda del giovane italiano in Cina per uno scambio interculturale e al suo difficile rimpatrio e a quella dei passeggeri della Diamond Princess, “intrappolati” sulla loro nave da crociera.
Leader politici più citati nei titoli
Al di là di un’inevitabile visibilità del premier, dovuta alle numerose conferenze in cui Conte è intervenuto, il trionfatore questo mese è senz’altro Matteo Renzi, la cui battaglia all’interno della maggioranza in merito alla prescrizione gli fa guadagnare 80 presente nei titoli del prime time, e diverse interviste. Segue a stretto giro Salvini, che spicca anche per il voto al Senato relativo al caso Open Arms. Nonostante la sua relativa importanza, Giorgia Meloni risulta la meno “citata” nelle titolazioni, sebbene abbia potuto contare 2 presente sui Tg, con un’intervista del Tg2 e ben 7 minuti di esposizione su Tg4.
Al di là di un’inevitabile visibilità del premier, dovuta alle numerose conferenze in cui Conte è intervenuto, il trionfatore questo mese è senz’altro Matteo Renzi, la cui battaglia all’interno della maggioranza in merito alla prescrizione gli fa guadagnare 80 presente nei titoli del prime time, e diverse interviste. Segue a stretto giro Salvini, che spicca anche per il voto al Senato relativo al caso Open Arms. Nonostante la sua relativa importanza, Giorgia Meloni risulta la meno “citata” nelle titolazioni, sebbene abbia potuto contare 2 presente sui Tg, con un’intervista del Tg2 e ben 7 minuti di esposizione su Tg4.
Interviste ai leader nel prime time
Approfondimenti del Prime time
Nel corso di febbraio, le testate del prime time hanno proposto alcuni, interessanti approfondimenti sulla società italiana, offrendo spunti di riflessione separati dal “day to day” nei servizi. Su questo versante, le testate che sono risultate più attive sono state Tg3, Tg4 e Tg La7.
Il Tg di Paterniti ha proposto due rubriche tematiche, ciascuna divisa in 7 servizi proposti a fine Tg nel corso delle edizioni della settimana. Questo mese si è trattato di un reportage sulla vita dei cittadini over 65 nel nostro Paese e di uno studio sulle “rotte della plastica”, un approfondimento sulla “sorte” dei nostri rifiuti, tra sversamenti in paesi stranieri, traffici illegali, e semplici mancanze negli impianti di riciclaggio. Oltre a queste coperture, Tg3 ha consultato in più occasioni l’Istituto Demopolis, proponendo alcuni sondaggi ed interpellando il direttore Pietro Vento.
Tg4 ha dimostrato fin dal primo giorno un grande interesse verso le difficoltà di Air Italy, segnalando in un corposo servizio quanto la chiusura di questa compagnia avrebbe impattato sulla regione Sardegna in termini di collegamenti, anche a fronte di un ulteriore fronte problematico con una compagnia di traghetti. Sempre Tg4 ha proposto un approfondimento sullo stato di molti cantieri italiani, denunciando in modo assai convincente i danni che questi ritardi causano in termini economici allo sviluppo ed al benessere delle regioni del Mezzogiorno.
Il dataroom di Milena Gabanelli, che contribuisce dal dicembre 2017 all’offerta di Tg La7, ha trattato il 3 febbraio delle aziende che gestiscono il traffico dei dati dell’Unione Europea, segnalando l’importanza e la complessità di questi scenari. Con l’arrivo del coronavirus, la rubrica ha analizzato le attività dei 51 ospedali italiani che coniugano alla cura la ricerca, e che possono vantare del marchio Irccs, come l’ospedale Spallanzani di Roma.
Il Tg di Paterniti ha proposto due rubriche tematiche, ciascuna divisa in 7 servizi proposti a fine Tg nel corso delle edizioni della settimana. Questo mese si è trattato di un reportage sulla vita dei cittadini over 65 nel nostro Paese e di uno studio sulle “rotte della plastica”, un approfondimento sulla “sorte” dei nostri rifiuti, tra sversamenti in paesi stranieri, traffici illegali, e semplici mancanze negli impianti di riciclaggio. Oltre a queste coperture, Tg3 ha consultato in più occasioni l’Istituto Demopolis, proponendo alcuni sondaggi ed interpellando il direttore Pietro Vento.
Tg4 ha dimostrato fin dal primo giorno un grande interesse verso le difficoltà di Air Italy, segnalando in un corposo servizio quanto la chiusura di questa compagnia avrebbe impattato sulla regione Sardegna in termini di collegamenti, anche a fronte di un ulteriore fronte problematico con una compagnia di traghetti. Sempre Tg4 ha proposto un approfondimento sullo stato di molti cantieri italiani, denunciando in modo assai convincente i danni che questi ritardi causano in termini economici allo sviluppo ed al benessere delle regioni del Mezzogiorno.
Il dataroom di Milena Gabanelli, che contribuisce dal dicembre 2017 all’offerta di Tg La7, ha trattato il 3 febbraio delle aziende che gestiscono il traffico dei dati dell’Unione Europea, segnalando l’importanza e la complessità di questi scenari. Con l’arrivo del coronavirus, la rubrica ha analizzato le attività dei 51 ospedali italiani che coniugano alla cura la ricerca, e che possono vantare del marchio Irccs, come l’ospedale Spallanzani di Roma.